Biocompatibilità dei materiali per dispositivi medici
Biocompatibilità: i materiali non sono tutti uguali
I materiali utilizzati per le protesi dentali devono rispettare numerose specifiche dal punto di vista meccanico, funzionale ed estetico ed è necessario che soddisfino i requisiti di biocompatibilità stabiliti dalle normative.
La normativa ISO 10993 stabilisce i parametri per la valutazione biologica di tutti i dispositivi medici a contatto con il corpo umano. E’ dunque applicabile anche al settore odontoiatrico ed odontotecnico. Tale norma, suddivisa in 18 sezioni, analizza nel dettaglio le tipologie di prove da svolgere con metodi e tempistiche e i diversi aspetti da analizzare.
La valutazione biologica
La valutazione biologica si effettua su tutti i materiali che non siano già stati testati e approvati per la realizzazione dello stesso dispositivo medico per il quale si intende utilizzarli. Se si è verificata la necessità di svolgere tali analisi, è necessario definire natura e durata del contatto del dispositivo con il corpo umano. Tale attività si fa per stabilire quali siano le prove più opportune per il caso specifico. Queste riguardano vari parametri e si suddividono in 3 categorie di test:
- in vitro;
- in vivo;
- su modello animale o trials clinici su pazienti.
Tra gli aspetti più rilevanti da analizzare troviamo citotossicità, genotossicità, sensibilizzazione ed irritazione.
La citotossicità
La sezione 5 della normativa riguarda le prove per la citotossicità, ovvero la valutazione dei “danni biologici acuti” dovuti a sostanze rilasciate dal dispositivo. Si effettuano in vitro e consistono nell’inserire il materiale da esaminare o un suo estratto in culture cellulari di mammiferi. Viene quindi osservato lo sviluppo nel tempo insieme ad un campione di riferimento per cercare eventuali effetti tossici.
La genotossicità
La genotossicità riguarda i danni che alcuni agenti chimici creano al DNA cellulare, provocando modificazioni e mutazioni nella sequenza nucleotidica o nella struttura a doppia elica. Tale proprietà è trattata nella sezione 3, insieme alla cancerogenicità cui è strettamente connessa, e prevede prove specifiche a lungo termine su animali.
I test di irritazione e sensibilizzazione sono trattati nella sezione 10. Essa definisce l’irritazione come “una risposta infiammatoria locale ad applicazioni singole, ripetute e continue della sostanza in prova, senza che sia coinvolto un meccanismo immunitario”. Si valuta tramite test intracutanei o oculari su cavie quali conigli iniettando il materiale diretto o in soluzione ed osservando dopo vari intervalli temporali la presenza di gonfiori o arrossamenti. La sensibilizzazione invece consiste in una risposta immunitaria esagerata e dannosa, detta “reazione di ipersensibilità”. Tale reazione produce anch’essa arrossamento e rigonfiamento. Si valuta in maniera analoga alla precedente tramite test ripetuti su animali, tipicamente porcellini d’india.
Aspetti normativi aggiuntivi
Oltre a questi aspetti, la normativa analizza anche i test per tossicità riproduttiva e sistemica, interazioni con il sangue, effetti locali dopo l’impianto, residui di sterilizzazione con ossido di etilene, identificazione e quantificazione dei potenziali prodotti di degradazione, identificazione e quantificazione dei prodotti di degradazione da dispositivi medici polimerici, ceramici, metallici e in lega.
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