La resina odontoiatrica, come cambia il materiale antico ma sempre attuale

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La protesi dentale contemporanea è caratterizzata da una vasta varietà di materiali a disposizione del clinico, tra cui le resine. Queste ultime possono essere classificate sulla base dell’agente in grado di avviare la reazione di polimerizzazione: chimico, luce, calore o microonde. Dal punto di vista della composizione, una polvere di particelle di polimetilmetacrilato (PMMA) accoppiata con un iniziatore e pigmenti di vario tipo, si miscela a una fase liquida contenente monomeri e una coppia inibitore-attivatore.

Questa famiglia di leghe è caratterizzata da intervalli di fusione compresi tra 850 e 1100°C.

Si tratta di una tipologia di materiali comparsa sul mercato prima delle leghe metallo-ceramica, attualmente molto utilizzate. Molte resine hanno un colore giallo. Questo a causa della presenza del rame che può avere concentrazioni variabili, generalmente comprese tra il 7 ed il 15% in massa.

Le normative del settore dentale individuano due tipologie fondamentali di leghe per rivestimento estetico in resina: leghe dentali d’oro per fusioni (norma ISO 1562) e leghe dentali per fusioni con contenuto di metalli nobili dal 25% al 75% escluso in massa (norma ISO 8891). Oltre a queste due famiglie, ne esiste una terza, caratterizzata da contenuto aureo nullo, o comunque inferiore al 20% in massa.

Si tratta generalmente di leghe economiche, caratterizzate da bassa resistenza a corrosione, inferiore a quella delle leghe per ceramica, ed è più frequente l’osservazione di fenomeni di annerimento della struttura metallica in cavità orale.

Il polimetilmetacrilato (PMMA)

E’una sostanza facilmente assorbibile dal nostro organismo, è irritante per cute, mucose e vie respiratorie; è un materiale innovativo di alta qualità composto da resine di derivazione termoplastica. Il rischio maggiore che comporta questo materiale riguarda gli operatori, che dovrebbero lavorarlo con delle apposite protezioni, citate nelle schede di sicurezza, ma che rendono difficoltoso e impraticabile la trasformazione del materiale. La conseguenza di ciò è che la lavorazione è praticamente impossibile senza gravi rischi di salute per gli operatori.

L’utilizzo delle resine per dispositivi per il cavo orale può rivelarsi dannoso. Questa pericolosità è data da un possibile rilascio di monomeri responsabili di reazioni citotossiche. Esistono oggi sistemi di polimerizzazione che riducono la quantità di monomero residuo e di conseguenza il rischio per la salute dei pazienti può essere ridotto a un livello estremamente basso, ma non può essere eliminato. Attualmente, quindi, dal punto di vista tecnico e scientifico la problematica del rilascio del monomero residuo è ancora irrisolta e rimane parte integrante delle problematiche del materiale trattato.

Rispetto alle resine foto-polimerizzate e termo-polimerizzate, le resine acriliche auto-polimerizzate hanno un effetto citotossico maggiore su fibroblasti e linee cellulari epiteliali, sebbene tutte le resine abbiano mostrato qualche effetto citotossico su entrambe le linee cellulari. Sono stati presi dei campioni e svolte delle ricerche. In una di queste si sono presi nove campioni a forma di dischetti di quattro resine, due termo-polimerizzabili, una auto-polimerizzabile e una foto-polimerizzabile. I materiali sono stati testati per contatto con fibroblasti. Ogni campione è stato testato dopo 24, 48 e 72 ore.

La vitalità cellulare.

La vitalità cellulare si valuta attraverso analisi allo spettrofotometro della soluzione dove il colore è direttamente correlato al numero di cellule metabolicamente attive. Il livello di significatività è fissato a P≤0,05. La resina auto-polimerizzabile mostra i valori più bassi di vitalità cellulare (57%) durante le prime 24 ore. La resina foto-polimerizzabile è compatibile con il tappeto cellulare che il suo valore non mostra differenze statisticamente significative in nessuno dei 3 momenti considerati (P>0,05) e i valori di vitalità cellulare erano vicini al 100%.
In conclusione, la resina auto-polimerizzabile mostra il maggior valore di citotossicità; la resina foto-polimerizzabile invece mostrava un’ottima biocompatibilità grazie all’assenza di monomero libero dalla sua composizione chimica.

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